La storia del brasiliano è ricca di sacrificio e volontà: è stato un jolly con Stroppa e lo è anche con Palladino
La scalata di Carlos Augusto è partita dal Brasile fino al primo gol in Serie A contro lo Spezia. Una stilettata di sinistro dopo un inserimento (quasi) alla Serginho. Galliani l’aveva paragonato a lui, ala offensiva con assist, reti e trofei nel curriculum; motivo che lo ha spinto a rendendolo il giocatore più costoso della storia del Monza: 4 milioni. Scrive La Gazzetta dello Sport.
Palladino, invece, ha detto che uno come Carlos è «da top club». Il Condor l’ha portato al Brianteo nel 2020 dopo un lavoro di scouting in Brasile, 37 partite e un gol con il Corinthians. Il bello è che a 17 anni giocava in attacco e non vedeva il campo, sempre in panchina:
«Se non avessi cambiato ruolo non avrei mai sfondato. Pensavo che il calcio non facesse per me». E invece è titolare al Monza da tre anni, 79 presenze e 7 gol. Parola d’ordine: self made man. Quando gli chiedono del suo percorso, della sua storia, Carlos risponde sempre che si è fatto da solo. Ha preparato lo zaino al campo base, ci ha messo dentro tutto l’occorrente per affrontare la scalata con pazienza , senza rischi, e poi ha sfidato la montagna. Tutto in cordata, aiutato da chi gli vuole bene: prima in Brasile e poi a Monza, da Stroppa a Palladino.
Perseveranza, volontà, sacrificio: «Ho sempre lavorato molto per sfruttare le mie chance». Uno dei compagni con cui ha legato di più è Dany Mota, il primo ad aiutarlo nei momenti difficili, quando la ‘saudade’ si fa sentire. «Parla portoghese come me, è un amico, il primo mese mi è stato vicino».