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GdS- Il Monza scappa. Il Lecce lo riprende, poi sono proteste

Sensi-Gonzalez: 1-1. I salentini chiedono due rigori. E ne manca uno ai brianzoli

È cominciata la Serie A del Monza. E scusate il ritardo, motivato da avversari che guardano gli altri dall’altro. Il primo punto della società brianzola nella massima divisione è pieno di polemiche di matrice leccese, per due rigori reclamati per tocchi di mano in area biancorossa (ma pure nei sedici metri salentini c’è stato un episodio discutibile). Tutti ignorati dall’arbitro Pairetto, che nella stagione scorsa l’aveva combinata grossa in Spezia-Lazio, e dal Var Di Martino, che a giugno era stato dismesso per motivate valutazioni tecniche e da questa stagione limitato al video. Intorno però ci sono stati 100 minuti di una partita che in un certo senso è stata riassuntiva dei 110 anni di storia del Monza, quasi sempre vissuti sul filo della sopravvivenza. Senza voli pindarici, è questo l’obiettivo che deve avere in testa la squadra, che resta nelle mani di Giovanni Stroppa: il punticino è un inizio, il lavoro da fare ancora tanto. Perché il mercato ha dato al tecnico giocatori di potenziale, ma è evidente come molti di loro siano ancora lontani dalla miglior condizione. Fisica, perché al Monza manca lo sprint che hanno per esempio i leccesi Banda, l’effervescente 2001 zambiano che ha infiammato la fascia sinistra, e Gonzalez, lo spagnolino 2002 di scuola Barcellona mollato dai blaugrana (pensate quanto sono forti quelli che hanno tenuto…) che ha realizzato il gol del pareggio. Ma anche mentale: la sbronza della promozione e di un campionato di vertice in B deve lasciare spazio alla voglia di mangiarsi ogni pallone che non sempre e non in tutti si vede.

Il pareggio è frutto di una gara a due facce, comandata almeno sul piano della conduzione dal Monza nel primo tempo e poi cambiata nella ripresa, con una accelerata improvvisa nel finale quando il Lecce ha sentito l’odore del sangue. L’impianto iniziale dei brianzoli si avvicina di molto a quello ideale – pur con Petagna mandato in tribuna -, con un centrocampo Pessina-Rovella-Sensi con idee e corsa (ma poca struttura fisica…) e una difesa alla quale Izzo sembra aver dato un po’ di solidità in più (ma Marlon è ancora lontanissimo dai livelli dezerbiani). Quando riesce a manovrare perché le gambe girano, il Monza fa uscire palla da dietro con discreta disinvoltura e con un Lecce che pressa va spesso anche al lancio diretto per giocare la seconda palla. Non si è visto il guizzo là davanti, nonostante le corse di Mota Carvalho e Caprari, pure lui l’ombra del folletto di Verona. Il conto così parla di una sola conclusione verso la porta: il gol su punizione, splendido, di Sensi, appena oltre la mezzora. Su quello il Monza ha provato a costruire certezze, con il Lecce che ha un po’ perso le distanze. Baroni ha passato il primo tempo a contare sull’errore degli avversari: in effetti nelle prime cinque giornate il Monza si è spesso fatto male da solo. Ha speso Bistrovic sulle zolle di Rovella, bravo però ad aggirare il disturbo, e ottenuto solo qualche guizzo da Banda a sinistra. Ma per il Lecce zero tiri nel primo tempo, appena due corner. Il tecnico giallorosso ha usato bene l’intervallo e scelto di inserire da inizio ripresa Gonzalez per il pallido Helgason. Il Lecce ha ottenuto subito il pareggio: iniziativa di Bianda, cross di Ceesay con chiusura in ritardo di Marlon, difesa brianzola collassata da un lato e Gonzalez con il piattone inserendosi da destra. I cambi invece non hanno aiutato Stroppa: uscito Rovella, Sensi non è riuscito a cucire il gioco, i nuovi entrati Colpani, Valoti e Ciurria non hanno aiutato la risalita. Il Lecce, pur infiammato dal tifo, ha alzato il baricentro ma è rimasto lontano dalla porta monzese, protestando solo per un tocco di mano di Molina. Fino al clamoroso finale, con il Monza in apnea e Di Gregorio a spiegare perché Stroppa fa giocare lui e non Cragno. Nel recupero, il Lecce ha battuto cinque corner consecutivi, costretto il portiere a due interventi prodigiosi (su Gonzalez e Colombo) e reclamato un rigore. Tanto, tutto alla fine.

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