Sabato i biancorossi faranno visita alla formazione di Alvini: rapporto fraterno tra i due dirigenti
Adriano Galliani e Ariedo Braida per decenni hanno lavorato fianco a fianco ma da qualche anno sono avversari. E sabato pomeriggio si ritroveranno proprio da “nemici”. Uno con il Monza e l’altro con la Cremonese. Del loro rapporto Galliani ne ha parlato a La Gazzetta dello Sport.
Nel frattempo sabato c’è la Cremonese in campionato: per lei l’incrocio con Ariedo Braida…
«Un amico vero, un fratello direi. Pensi che quando ero ricoverato in ospedale a causa del Covid, chiamava la mia compagna Helga e la rassicurava dicendole “Non preoccuparti, non mi lascia vedovo”. Questo per capire il legame che abbiamo, frutto di 27 anni di convivenza professionale».
Dove nasce la vostra amicizia?
«Sui campi da calcio. Per lui, quando giocava nel Cesena, sono andato fino a Foggia a vederlo! Eravamo un gruppo di monzesi, tra cui Gigi Radice. Quella volta fu memorabile: partimmo da Monza all’improvviso, andammo in treno e tornammo in pullman a notte inoltrata. Trovai la porta di casa chiusa…».
Il passaggio di Braida da calciatore a dirigente?
«Lui era un centravanti, un 9 a tutti gli effetti. In una partita con il Sant’Angelo Lodigiano contro la Cremonese segna due gol, finisce 2-2. Io e altri dirigenti a fine gara, dopo la doccia, gli chiediamo di fare il d.s. nel nostro Monza. E lì inizia la sua carriera dirigenziale e il nostro rapporto».
Al Milan c’erano aree di lavoro ben distinte tra voi due?
«No, ci completavamo. Io non mi sono mai posto come il suo capo. E’ un grandissimo conoscitore di calcio Ariedo, da sempre. Pensi che fu lui a segnalarmi Marco Van Basten».
Vi siete mai mandati a quel paese?
«Certo, ma da fratelli».
A quali allenatori è rimasto più legato?
«Tanti, però ci sentiamo ancora con Sacchi, Capello, Ancelotti, Zaccheroni, Brocchi e Stroppa. A Giovanni voglio bene, lo sento ancora e lo ringrazio per averci portato in A».