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Rovella: “Mi do un 7 fino ad ora. Monza ragiona come una big”

Il centrocampista arrivato in biancorosso l’estate scorsa si è raccontato sulle pagine di Tuttosport

Nicolò Rovella si è raccontato a Tuttosport in una lunga intervista. Di seguito la prima parte della sua chiacchierata al quotidiano di Torino.

Lei a Rovella che voto darebbe per la prima parte di stagione?
«Mi darei un 7. È andata abbastanza bene, anche se in qualche partita sono un po’ calato nel finale. Però direi che sono soddisfatto».

Il momento più bello e quello più brutto?
«Di momenti belli ne scelgo due: il primo è stato l’esordio in casa con la Juve contro il Sassuolo quando sono entrato per Locatelli a un quarto d’ora dalla fine; il secondo la vittoria col Monza per 3-0 a Genova con la Samp. Il più brutto è il periodo che ha preceduto l’esonero di Stroppa».

Non ha citato l’espulsione a Empoli…
«Eh ha ragione… Tutta la vita il momento più brutto della mia stagione».

Galliani che le ha detto?
«Si è arrabbiato. Però, a fine partita io avevo già chiesto subito scusa a tutti: diciamo che avevo già messo le mani avanti… È stato un brutto gesto, un po’ l’adrenalina, l’agonismo, l’immaturità. Proprio l’altro giorno ho pagato la multa offrendo la cena ai compagni».

A lei tutto si può dire fuorché difetti di personalità…
«Pure quando ero piccolo volevo sempre la palla. E, quando ho iniziato a giocare in prima squadra, hanno iniziato a correggermi questo difetto perché io voglio sempre palla, pure quando sono messo male in campo. È una cosa su cui sto ancora lavorando per migliorare perché è vero che avere personalità può essere un pregio, ma la personalità va anche saputa gestire».

Perché con Stroppa vi eravate impantanati?
«Il nostro era un gruppo nuovo e aveva bisogno di un periodo di assestamento anche per conoscerci meglio: io ero appena arrivato, tanti altri erano qui solo dall’estate. Già a Lecce, quando abbiamo pareggiato 1-1, avevamo giocato un po’ meglio: poi siamo ripartiti».

Ed è arrivata la vittoria con la Juve.
«Un po’ mi è anche dispiaciuto perché loro erano arrabbiatissimi e in un periodo un po’ così, ma solo un po’ perché ormai ero un giocatore del Monza e, quando sei in una squadra, devi dare il massimo per vincere contro chiunque. Anche contro i tuoi ex compagni».

Col senno di poi, vista l’esplosione di Miretti e Fagioli, si è un po’ pentito di aver lasciato Torino?
«Ovviamente tutti vorrebbero giocare nella Juve e sarebbe piaciuto anche a me, non lo nego. Però, se devo dire la verità, dico di no. Perché la scelta fatta fa parte di un percorso di crescita che ho iniziato dall’anno scorso quando ero in prestito al Genoa e credo che a ventuno anni sia più importante giocare con continuità e fare esperienza. E qui a Monza ho trovato Berlusconi e Galliani, un centro sportivo bellissimo, una società di alto livello e si ragiona come una grande squadra anche se siamo appena saliti in A».

Tra l’altro un giovane non è che può restare in una grande squadra sperando che chi è davanti si infortuni…
«Appunto, quello è il problema. È chiaro che nelle gerarchie parti sotto e, o ti metti l’anima in pace facendo il massimo in allenamento e, se poi hai fortuna, giochi. Oppure – come ho fatto io – vai a giocare un anno e poi torni con un’esperienza in più».

C’erano altre squadre che la volevano?
«Questo lo sa il mio procuratore, ma io ho detto a lui: “Se devo andare via dalla Juve, ci vado solo per il Monza”. Se non fossi venuto qui, sarei rimasto a Torino».

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