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Tarantino: “Non sono un eroe Ero nel posto sbagliato, ho fatto la cosa giusta”

L’ex giocatore ha fermato e disarmato l’aggressore all’interno del supermercato: «Sarà difficile dimenticare le lacrime di mia figlia»

«Non sono un eroe, gli eroi sono altri. Io mi sono solo trovato nel posto sbagliato e al momento sbagliato. Però ho fatto la cosa giusta». Massimo Tarantino, ex difensore anche del Monza, dell’Inter, del Bologna e del Napoli, è colui che ha fermato e disarmato Andrea Tombolini, l’aggressore di Assago che ha ucciso una persona ferendone altre quattro con un coltello preso tra gli scaffali del centro commerciale. Riporta La Gazzetta dello Sport.

Tutto si è svolto in pochissimi secondi: cosa si ricorda?
«Ero alla cassa in fila con mia moglie e mia figlia di 22 anni. Siamo andati a fare la spesa come accade spesso. A un certo punto ho iniziato a sentire urlare, ma urla di dolore e di spavento. Ho visto quest’uomo correre verso di noi con un coltello in mano. E come prima reazione mi sono messo a protezione della mia famiglia, ho fatto un passo indietro».

E poi?
«Ha colpito un dipendente che stava a un metro da me (non Luis Fernando Ruggieri, ferito a morte, ndr) e nello scontro sono caduti a terra. E’ stato in quel momento che ho avuto la lucidità di avvicinarmi e di dare un calcio alla mano che stringeva ancora il coltello. Ma l’arma non è finita lontano da lui. Così l’ho allontanata e con un piede ho bloccato la sua mano».

Ha provato a scappare?
«No, ho come avuto la sensazione che si sia lasciato andare, è come se si fosse spento»

E intorno cosa succedeva?
«Persone che correvano e scappavano, bambini che piangevano, chiazze di sangue…».

Ha visto anche Pablo Marí?
«Ho visto la moglie e il figlio vicino alle casse, quando ormai era tutto finito e stavano intervenendo i soccorritori. Perché penso che Pablo sia stato colpito nella zona centrale, tra i reparti. E’ da lì che sono arrivate le prime grida d’allarme».

Se chiude gli occhi, quali immagini cosa le restano?
«Le facce spaventate delle persone, compresa mia figlia che piangeva, e il sangue».

Avete dormito la notte?
«Poco. Ne abbiamo parlato in casa tra di noi, speriamo di non avere strascichi. Anche se il nostro pensiero è per chi non c’è più, per i suoi famigliari e per chi è stato ferito».

Ha parlato con qualcuno del Monza?
«Mi ha chiamato l’a.d. Adriano Galliani, mi ha tenuto aggiornato sulle condizioni di Pablo costantemente. Ha mandato un abbraccio sincero a me e alla mia famiglia».

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