Il confronto tra le due proprietà rossonere che però domani si ritroveranno a confronto in Monza-Milan
Il confronto è fin troppo semplice. Da una parte ci sarà una proprietà (Berlusconi) che a Milano ha vinto qualcosa come 29 trofei e lo ha fatto seguendo una strada che ormai in Italia è quasi definitivamente tramontata, quella del mecenatismo di un uomo che ha investito le proprie risorse e quelle delle sue aziende per fare grande una squadra di calcio. Dall’altra un fondo di gestione degli investimenti statunitense – RedBird Capital – che ha eredito la squadra da un altro fondo (Elliott), e che basa il suo progetto su un calcio più vicino allo show business che all’idea del vecchio gioco nostrano, con i conti in ordine che vengono prima di qualsiasi sogno. Scrive Tuttosport.
Quante volte, infatti, nell’ultimo mercato di gennaio si è sentito dire dai tifosi del Milan, una frase del tipo: «Se ci fosse stato Galliani, avrebbe preso qualcuno, un big scontento in qualche top club, per risollevare la squadra»? Tante. Ma quello era un Milan che puntava molto sui campioni, prima quelli da copertina, quando il calcio italiano era il re d’Europa, poi quelli con una grande carriera ma capaci di un ultimo grande ballo nella nostra Serie A. Il Milan di oggi i campioni li vuole formare e va alla ricerca di giovani talenti che abbiano nel proprio Dna le caratteristiche giuste per il proprio progetto. Scelte che hanno portato nel 2022 a uno scudetto per certi versi inatteso e che in questa stagione non hanno ancora raccolto i risultati sperati.
Un Milan, quello di oggi, che punta sui giovani, in particolare stranieri, perché forse costano meno e perché il bacino a disposizione è ovviamente maggiore rispetto a quello italiano dove invece i giovani buoni, seppur presenti, fanno fatica a trovare spazio. Il Milan che martedì ha sconfitto il Tottenham aveva solo un italiano in campo dall’inizio, Tonali.