Nessuno anni fa si sarebbe mai immaginato che quel ragazzino brasiliano sarebbe un giorno arrivato a giocare e segnare in Serie A
Lo chiamavano «gamba di legno». Così, staccato, non come il rivale numero uno di Topolino nei fumetti, Pietro Gambadilegno, il gatto di due metri con i pantaloni verdi e il bastone da passeggio. Scrive La Gazzetta dello Sport.
Carlos Augusto da Campinas, Brasile, terzino a tutta fascia del Monza rivelazione, da ragazzino era tutt’altro che un fenomeno. Gli amici lo prendevano in giro perché ogni tiro in porta era una preghiera. «Fà che non la mandi fuori dal campo anche stavolta, ti prego». E invece no, in mezzo alle erbacce.
Avete presente quei campetti con le giacche a mo’ di pali, no? A sei anni Carlos giocava lì, e ogni volta tornava a casa con il viso e gli occhi lucidi. Papà, seduto sul divano, scrutava il figlio con la coda dell’occhio, senza domande, finché Carlos vuotò il sacco. «Oggi è il mio compleanno, il regalo lo scelgo io». «Sarebbe?». «Vorrei iscrivermi a una scuola calcio, non chiedo altro». Accontentato.