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Dalla curva alla corsia: la bella storia della ‘Davide Pieri’ di Monza

Il sito orwell.live ha dedicato uno speciale alla Curva Davide Pieri, che durante l’emergenza creata dal Coronavirus si è adoperata per aiutare medici ed infermieri, consegnando a pranzo e cena pasti caldi messi a disposizione dai ristoratori

Nel bel pezzo del giornalista Carlo Cattaneo c’è anche un’intervista a Fausto Marchetti, portavoce della curva.

Sempre ai margini della società, additati come esempi negativi, ma fustigati però da chi, troppo spesso, è animato dal desiderio di muovere critiche solo sulla base di consolidati pregiudizi.

Perché, citando Rossini, quando si parla di ultras “la calunnia è un venticello”. Eppure, nessun altro movimento, nonostante le mille contraddizioni da cui è avvolto, ha saputo negli anni sopravvivere, rinnovarsi e rigenerarsi.

Parte oggi, dagli spazi del nostro giornale, un nuovo viaggio alla scoperta di un mondo sconosciuto, quello che concilia le curve lombarde del tifo con il mondo della solidarietà.

Un accostamento di cui poco si parla poiché il ruolo istituzionalmente assegnato al ribelle degli stadi è quello del violento, quando invece a dominare “gli spazi di sottocultura” chiamati curve, è proprio la dimensione creativa, il legame sociale e, lo vedremo tra poco, lo spirito di solidarietà.

La Lombardia, con oltre 15.500morti, sta pagando il prezzo più alto, in termini di vite spezzate, a causa dell’epidemia causata dal Covid-19. Tale luttuosa circostanza ha attivato, però, uno spontaneo desiderio d’altruismo, cui hanno aderito, ognuna con proprie iniziative, anche le frange più calde del tifo organizzato.

Incontriamo, nella prima tappa del nostro percorso, Fausto Marchetti, responsabile della “Curva Davide Pieri” dell’A. C. Monza.

Prima di raccontarci l’esperienza vissuta dai ragazzi brianzoli, il leader della curva biancorossa ha voluto precisare che «Era diventato insostenibile per noi il continuo affastellarsi di polemiche sul blocco dei campionati mentre nel nostro territorio continuavano ad aumentare le vittime. In quel preciso istante – e nonostante il campionato trionfale giocato dalla nostra squadra -, abbiamo deciso di accantonare il calcio per spostare tutta l’attenzione sugli operatori sanitari».
«Abbiamo subito intuito – prosegue Marchetti – che intorno a noi stava accadendo qualcosa di molto grave a dispetto di opinioni affrettate e sbrigative volte a bollare l’epidemia come una banale forma d’influenza».

Come tutti i comuni cittadini anche i frequentatori della “Davide Pieri” si sono, improvvisamente, imbattuti in termini nuovi, parole che, col passare del tempo, sarebbero diventate familiari lungo tutto lo stivale: zona rossa, terapia intensiva, positività, Rsa, e tamponi.

Era, dunque, giunto il momento per il calcio di essere messo da parte, e con esso le stucchevoli polemiche sulla prosecuzione dei campionati.

La prima idea del gruppo (tra i primi in Italia a sostenere lo spirito di missione degli operatori sanitari) è uno striscione agganciato ai cancelli del San Gerardo di Monza. Si tratta di un semplice incoraggiamento per i medici e gli infermieri impegnati nella lotta contro il tempo al fine di salvare vite umane.

Una piccola iniziativa, si dirà, eppure molto apprezzata visto il successo seguito alla pubblicazione della foto sul profilo Facebook del gruppo, in grado di riscuotere oltre 1.000 condivisioni e 260.000visualizzazioni.

Ed è forse grazie all’inaspettata visibilità maturata grazie allo scatto, che un paio di ristoratori della città, membri dell’associazione “Ristoratori uniti”, decidono di contattare la curva Davide Pieri per proporre un’iniziativa di solidarietà legata all’epidemia Covid-19.

Pur di non gettare le scorte di cibo stivato nelle dispense, “Ristoratori uniti” (ormai obbligati alla chiusura dalle restrizioni imposte dal governo) e Curva Davide Pieri, decidono di organizzare un servizio giornaliero di consegne pasti per il San Gerardo di Monza, l’ospedale di Vimercate, la Croce Rossa di Monza e la Croce Rossa di Desio. «In sintesi – spiega Marchetti – i ristoranti cucinavano, seguendo le rigide disposizioni sanitarie imposte agli imballi alimentari, mentre noi ci siamo occupati della logistica.
Dal 17 marzo al 3 maggio, sia a pranzo sia a cena, con quattro squadre da due persone, abbiamo distribuito oltre 7.200 pasti percorrendo circa 3.500 chilometri».

Una condotta lodevole in tempi di emergenza sanitaria che, a turno, ha coinvolto una settantina di ultras biancorossi.

Ragazzi impegnati a dedicare il loro tempo alla solidarietà, facendosi carico – è bene precisarlo – anche di sostenere tutte le spese legate all’acquisto dei dispositivi di protezione individuale (guanti, mascherine, copriscarpe ndr), ma soprattutto dei rifornimenti di benzina, necessari per completare le operazioni di ritiro e consegna dei pasti.

Il successo dell’iniziativa, abbinato a un numero sempre crescente di richieste, rimbalza sui tavoli che contano: quelli delle istituzioni del territorio.

Allo scopo di mantenere attivo il servizio, una volta terminate le scorte dei ristoranti, il Comune ha concesso lo sfruttamento di un’area messa a disposizione della Protezione civile, in cui gli Alpini della sezione di Monza si sono prodigati, a tempo di record, nel montaggio di una cucina da campo in grado di preparare (sempre grazie al supporto dell’associazione “Ristoratori uniti”) 250 pasti al giorno per operatori sanitari, forze dell’ordine e volontari in servizio sul territorio.

Un risveglio del senso civico tanto contagioso, è il caso di dirlo, da stimolare anche altri esercizi commerciali, per esempio, gelaterie, pasticcerie e panifici nel voler contribuire, sempre in sinergia con i ragazzi della curva Davide Pieri, al buon esito dell’iniziativa.

Del cuore messo in campo dalla curva biancorossa si sono accorti i medici e gli infermieri dell’ospedale di Vimercate che, pur avvolti da guanti, occhiali e mascherine, hanno voluto celebrare lo sforzo di questi ragazzi, alla moda ultrà: con uno striscione di ringraziamento.

Perché l’importante, una volta superata l’emergenza sanitaria, sarà non dimenticare coloro che il senso di comunità e appartenenza non l’hanno smarrito mai.
Dalle sale operatorie fino ai gradoni di uno stadio.
Chi salvando vite (e rischiandola propria), chi, invece, consegnando pasti bardato con i colori della squadra del cuore.

Il calcio giocato, ormai un lontano ricordo nelle menti degli appassionati, si defila, per una volta, lasciando i riflettori ai soli detentori della passione incondizionata.
Per intenderci, quella dei tifosi più caldi in grado d’illuminare, senza chiedere nulla in cambio, nuovi, inaspettati, “campi da gioco” con la torcia dell’altruismo.

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