Il presidente della Lega Pro ha parlato della situazione attuale e di come si sta muovendo anche in ottica futuro per fronteggiare anche i danni economici
Francesco Ghirelli al Corriere dello Sport ha parlato della situazione attuale e futura della Lega Pro. Il presidente della Lega Pro, ha già istituito un Comitato di crisi formato da professionisti interni e consulenti esterni e con il supporto di un advisor internazionale, la PricewaterhouseCoopers TLS, in modo da coprire tutte le aree necessarie. “Abbiamo scelto questo approccio – spiega Ghirelli – per rispondere a un’emergenza di ampie dimensioni che, in base alla durata, rischia di produrre danni per alcuni milioni a diverse decine di club e che coinvolge circa tremila persone tra calciatori, dirigenti e staff tecnico-amministrativo“.
In altre parole volete rifondare la governance e la industry su un piano di sostenibilità economico-finanziaria.
“E di innovazione. Svolgendo appieno la funzione sociale di Lega dei territori, dei comuni, dei pulmini, dei giovani. La crisi ha accelerato questo percorso di rifondazione per un calcio che faccia bene al Paese. Il Comitato di crisi lavora quotidianamente perseguendo diverse finalità: affrontare l’emergenza attuale; individuare le azioni di mitigazione dei rischi; guardare oltre la congiuntura per attuare la trasformazione strategica. Per quanto riguarda l’emergenza Covid-19, il Comitato opera attraverso quattro cantieri prioritari e sinergici: il primo “economico”, stima i danni per i 60 club in termini di maggiori costi e minori ricavi, formulando diversi scenari che prevedono dal posticipo delle competizioni a ogni altra possibile ipotesi, con una proiezione sull’avvio della prossima stagione su cui è ragionevole si proiettino ancora le problematiche dell’epidemia.
Noi della C sappiamo che all’uscita dalla crisi ci troveremo alla richiesta di un luogo, lo stadio, a misura dei valori tra uomo e donna, della riscoperta del calcio sociale. Da questo punto di vista siamo avanti, da tempo ragionavamo su come attrezzarci perché ce lo imponeva la crisi endemica della C e perché questa cultura l’abbiamo nel dna. Tra poco sarà il Paese ad avere bisogno del nostro calcio“.
