Lazio-Monza, il punto più basso in tre stagioni di Serie A

La preoccupazione dei tifosi ormai non è neanche più la salvezza, ma la dignità della maglia

Senza alcun dubbio la prova del Monza contro la Lazio all’Olimpico è stata la peggior prestazione biancorossa in quasi tre anni di Serie A. Primo tempo arroccati nella propria metà campo, ripresa affrontata con un atteggiamento da partitella in spiaggia, allenatore in totale confusione e giocatori apparsi di due categorie inferiori rispetto agli avversari.

Un disastro di cui mister Bocchetti ha giustamente pagato le conseguenze. E spiace dire “giustamente”, perché Bocchetti al pari dei tifosi è una vittima della smobilitazione di Fininvest. Ieri però non ne ha presa una nelle scelte, a cominciare dalla gestione di Martins per proseguire con l’atteggiamento della squadra, che ha di fatto indicato che i ragazzi non erano più con lui. Certo però che chiamare un allenatore a Natale e poi smontargli la squadra alla Befana è più che una giustificazione per come è andata male la breve avventura del tecnico.

Ed è stato lo stesso Bocchetti a puntare il dito sul mercato in un post gara surreale, dove il Monza ha deciso di seguire l’esempio sbagliatissimo del Milan che mandò Fonseca davanti alle telecamete mentre chiudeva l’accordo con il nuovo tecnico. I rossoneri furono tacciati di essere dilettanti allo sbaraglio e Ibrahimovic chiese scusa per “l’errore di comunicazione”. I biancorossi però dilettanti non sono, o almeno non dovrebbero esserlo, visto che il numero uno del club ha toccato le 80 primavere lo scorso luglio ed è nel calcio da una vita. Eppure ecco l’ennesimo errore banale di una gestione sempre più confusa.

Bocchetti ha parlato di “giovani che hanno bisogno di tempo”, sentenziando di fatto le scelte del club in un momento in cui di tempo non può essercene. Le sue parole, per quanto moderate e pacate, lasciavano un messaggio tra le righe inequivocabile: non si può chiedere a un allenatore di ottenere subito risultati con una squadra fatta in gran parte di ragazzini e di giocatori che in Italia non hanno mai giocato.

Torna Nesta, dopo che il suo lavoro è stato compromesso da una parentesi che ha visto la squadra trasformata tatticamente e tecnicamente, con un gruppo quasi del tutto nuovo e che ha perso ogni giocatore chiave per ruolo. Un allenatore cacciato perché la squadra non vinceva, ma che almeno aveva saputo dare un’identità e che in tante partite avrebbe meritato molto di più di quanto raccolto. I giocatori erano con lui e nonostante le sconfitte questo appariva chiaro, come chiaro è che il suo esonero sia stato vissuto male dallo spogliatoio. Infatti da lì in poi è stata una caduta libera. A Nesta adesso tocca il compito non di salvare la squadra, ma almeno l’onorabilità della maglia.

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