L’ad del Monza ha rilasciato una lunga intervista a Tuttosport parlando a tutto tondo del mondo del calcio
Prima parte dell’intervista a Tuttosport di Adriano Galliani. Si parte dalla sfida contro il Torino per passare alle ambizioni del Monza e non solo.
Quante risse come quella fra Vagnati e Juric ci siamo persi in passato perché non esistevano gli smartphone?
«Uuuhh tantissime e anche di peggio. Una volta i giocatori sostituiti dicevano di tutto agli allenatori, ma c’erano molte meno telecamere. E ho assistito a certe scazzottate negli spogliatoi di Milanello. Solo che oggi viaggiamo con in tasca una macchina fotografica, una cinepresa e un registratore audio. Non è che guardiamo dal buco della serratura, non ci sono proprio più le porte».
Quali sono le ambizioni del Monza?
«Il decimo posto. Lo so che è difficile, ma avendo fatto l’imprenditore nella vita so che bisogna fissare degli obiettivi, quindi dico decimo posto».
Il presidente Berlusconi è distratto dalla campagna elettorale?
«In questo momento pensa solo alle elezioni e al Monza, ma non so se in quest’ordine perché è diventato supertifoso del Monza. Ama sempre il Milan, ma ora il Monza è entrato nel suo cuore».
La giornata perfetta.
«Quando mi chiedono se è stato più difficile vincere le Coppe dei Campioni con il Milan o portare in A il Monza non ho dubbi: portare in A il Monza, che in 110 anni non ci era mai stato. Quando abbiamo comprato il Milan aveva già vinto dieci scudetti e due Coppe dei Campioni e giocava a San Siro. Quando abbiamo preso il Monza, lo stadio era inagibile e dovevamo giocare ospiti della Giana Erminio a Gorgonzola. Ecco perché sarò sempre grato a Silvio Berlusconi, ha realizzato il mio sogno da bambino… Mi ricordo quando gli dissi: vendono il Monza. Dopo c’era il solito pranzo in Fininvest con i suoi figli, Fedele Confalonieri e altri. A un certo punto Berlusconi dice: “Adriano mi ha detto che vendono il Monza”. A quel punto mi sono detto: adesso mi ammazzano, così ero con la testa china sugli spaghetti».
E poi?
«Invece tutti si dimostrano entusiasti e Berlusconi mi dice solo: “Adriano, vai e chiudi”. Non aggiunge altro, non fa cifre, non mette limiti. Io allora lascio lì lo spago e mi fiondo da Felice Colombo, con cui ero stato socio nel Monza negli Anni 70. Lui lo aveva ripreso dal fallimento, ma lo stava vendendo a un gruppo americano. Arrivo e gli dico: “Felice, quanto hai messo nel Monza in questi anni? Dimmi la cifra giusta, non mi prendere in giro”. Lui mi dice la cifra e io gli dico: “Ti diamo quella. Affare fatto? Mano? Mano”. Una stretta e via, il Monza era nostro. Capisce, oggi poi fanno le diligence per acquistare un club».
L’ascesa è stata irrefrenabile.
«Fino al 30 giugno del 2020 eravamo in C. Oggi siamo i più piccoli della compagnia, gli unici a non essere mai stati in A, ma giocatori e procuratori credono nella vecchia coppia Berlusconi e Galliani».
Stroppa com’è?
«Uno che fa giocare bene le sue squadre. L’ho scelto per questo e anche perché lo conoscevo molto bene dai tempi del Milan. Coetaneo di Maldini, è cresciuto a Milanello, sbocciato a Monzello».