L’ex tecnico del Monza, Cristian Brocchi, ha parlato a Radio Serie A toccando anche il tema della sua esperienza in biancorosso. Le sue parole:
“Allenare il Monza in serie C, dal punto di vista delle pressioni, era come allenare il Milan in Champions. Lì eri una persona importante per Berlusconi e Galliani, fu proprio Galliani a scegliermi. Mi disse che avevano bisogno di avere una persona che capisse il loro modo di lavorare, i nostri pensieri e che dovevano arrivare in serie A nel giro di due, massimo tre anni. A me queste parole mi avevano fatto molto piacere, avevo possibilità di andare ad allenare anche nelle categorie superiori ma era una questione di rispetto, di riconoscenza, di famiglia”.
“Non dovevo solo allenare, ma costruire un modello Monza, con tutta l’esperienza che ho avuto al Milan. Tant’è vero che al primo mercato, dopo un mese e mezzo che ero lì, abbiamo cambiato qualcosa come 17 giocatori. Il problema era che tutti si aspettavano di vincere le partite sempre 3-0, ma in Serie C non può mai essere così. Ci sono squadre che hanno speso come il Monza e ci hanno messo 3 o 4 anni a vincere il campionato. Dovevamo anche costruire un centro sportivo adatto a una società con un certo tipo di ambizioni. Non siamo riusciti a fare subito quel salto di qualità”.
“Nella stagione successiva, con lo stesso blocco di giocatori e 2-3 innesti giusti, è saltata fuori un’annata strepitosa, a partire dalla Coppa Italia. Però alcuni tifosi non mi hanno mai preso in simpatia e non so perché, non ho mai fatto dichiarazioni fuori luogo e ho sempre messo i tifosi davanti a tutto. Ogni tuo tifoso vorrebbe essere al tuo posto e per questo ho sempre portato molto rispetto. Mi chiedevo perché stando a + 15 venissi criticato. Perché? Cos’ho che non va? Cosa faccio di male? Cos’è che non riesco a trasmettere alla gente?”.
“Tutte queste storie mi hanno condizionato, tant’è vero che l’anno dopo in Serie B siamo arrivati terzi, perdendo la Serie A anche per fattori esterni. Abbiamo poi dovuto affrontare i playoff senza i giocatori più importanti in difesa e abbiamo sbagliato una partita, perdendo 3-0 a Cittadella, mangiandoci due gol clamorosi e prendendo reti in maniera evitabile. Nella partita di ritorno ci fermammo al 2-0, con il 3-0 saremmo passati in Finale. Finisce quell’esperienza, positivissima, e l’anno successivo io ho tifato per Stroppa che aveva preso il mio posto”.
“Dopo la rescissione consensuale con il Monza, era giusto dividersi, mi aspettavo un nuovo mondo aperto. E invece non ho avuto niente, non mi ha chiamato nessuno. Credo per quell’etichetta lì che mi ha fatto male: in molti hanno pensato che non allenavo per qualità, ma per altri motivi. Galliani per me è il migliore in assoluto, ha una capacità di creare quella mentalità e professionalità, di esserti di sostegno, davvero unica. L’errore più grande che ho fatto da allenatore è stato quello di fare un’intervista e dire una cosa negativa nei confronti del direttore sportivo del Monza, Antonelli, sbagliando. I panni sporchi si lavano in famiglia e soprattutto era una persona con cui avevo costruito un rapporto bellissimo, ci volevamo bene. Mi pento di questo errore, non è mai più capitato. E lì mi sono un po’ spento, mi sono un po’ allontanato dalla professione di allenatore. La voglia di tornare è tantissima, se c’è una cosa bella è stare in campo”.